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cosa rimane?

e cosa rimane dopo la festa? di carpentieri operosi, ballerine e pasticceri che si sono prodigati in lungo ed in largo per la città, per costruire quei pochi minuti d'allegria? dove sono finiti? sono nascosti dietro il tuo sguardo triste che si perde lontano da me? di nani in doppiopetto, di sipari pesanti e fuochi d'artificio nel cielo non trovo più traccia, dove li hai messi? li hai nascosti dietro l'ombra del tuo profilo scostante, che si allunga quasi fino a lambirmi? e dei santi benevolenti, dei cani ammaestrati e dei miracoli che ci eravamo promessi, qualcuno sa che fine hanno fatto? guardo per strada e di stelle filanti, biglietti strappati e bastoncini di zucchero filato qualcuno ha già pensato di lasciarne in giro solo qualche souvenir. nessuno spazzino educato, però mi ha chiesto se volevo mi pulissero via il tuo di ricordo, e adesso è lì, sulla sedia che era della reginetta della parata, agghindato come una vecchia signora senza de...

Ricetta per un sabato quasi perfetto.

ingredienti: una giornata tardo invernale; un pacco tirato da un amico per narcolessia; una visita al museo di anatomia; tre amici fidati; un barista fidato; occhi neri e profondi, del genere -continuo a vederli anche se chiudo le palpebre-, è importante non esagerare con le dosi: due sono sufficienti, tre sono troppi; un the alla menta offerto da un kebabbaro di San Salvario; due bicchieri di moscato chinato; tre giacche da motociclista colorate, anni '70; una lampada glitter space age; una manciata di granaglie; tre bestemmie con brio; pioggia quanto basta; preparazione: dividere a metà la giornata tardo invernale, metterne una parte in una terrina metallica abbastanza capiente, l'altra versarla in una seconda terrina di plastica. Lo stesso fate con gli amici, divideteli in due gruppi diseguali, uno da uno e uno da due. Ponete sul tavolo gli occhi neri e profondi e durante la preparazione della pietanza controllate spesso da che parte puntano lo sguardo. Prendete la visita al...

e ho gli occhi bendati.

Sono sicuro che tu sei qui con me nella sala. Qui c'ero già stato, libero di guardarmi attorno allora, e mi ricordo che era grande, abbastanza grande da non riuscire a capire, ora, dove mi abbiano lasciato. Sono seduto sopra un tappeto, questo lo so perché l'ho scelto io, me l'avevano chiesto prima di entrare già con la benda sugli occhi, ma quanti ce ne sarannno qui dentro? Mentre si spostano le voci e gli odori, mentre una storia d'amore tra un vedente e una non vedente si offre a tutti i sensi tranne che alla vista, io penso a te. Ci devono essere tanti tappeti qui attorno, come tante isole nel mare del pavimento, e su queste isole persone come naufraghi; tante o poche non so dirlo, la cecità che ci hanno imposto non ci è familiare, cerchiamo casa dentro di noi e ci facciamo solitari e schivi con i nostri nuovi vicini: silenziosi, ci muoviamo pochissimo, anzi nulla; un colpo di tosse ogni tanto, ma sembra sempre lo stesso, forse è qualcuno ammalato. Sono certo che a...

Telepatico

Cara, vorrei che il nostro rapporto fosse telepatico, mentale. Io ti leggerei il pensiero, tu il mio. Non ci sarebbero più incomprensioni, desideri inespressi, tradimenti malcelati: sapresti che è un fattore antropologico tutte le volte che guardo il culo ad un’altra. Non ci sarebbero falsi compromessi: tu capiresti l’arte del parcheggio, io noterei subito quando ti rifai la tinta. impareremmo entrambi il perché a te non piace il gelato alla fragola, a me la stracciatella sarei irritabile durante tutto il tuo ciclo e tu potresti petare e ruttare, se lo vuoi. E’ vero, non ci faremmo più sorprese niente più scherzi, ma vuoi mettere ogni volta che ci fischieranno le orecchie sapremmo che stiamo facendo all’amore.

Mi saluta, lo vedo distintamente.

E' mio nonno quello che adesso sta muovendo la mano per me dalla banchina, mentre il tram è fermo al semaforo e io ci sono seduto dentro. Lo so cosa vorrebbe dirmi se il suo sguardo potesse parlare, che ho fatto bene a lasciare tutto per venire qui, che ero sprecato per rimanere, che anche se ho lasciato i mie, gli amici e gli affetti per seguire un sogno, che tutto questo, preso e sommato, non vale quello che ho imparato adesso. Lui è sempre stato uno testardo, di quelli che hanno vissuto le guerre e hanno preso la fame, prima appena nato e poi con la seconda guerra; ha tirato su una famiglia con mia nonna, fatto studiare fino alle medie mio padre e mia zia, e, giusto per non perdere l'allenamento, ha cresciuto anche me, tenendomi a bada quando i miei andavano al lavoro. Da piccolo, mi sgridava sempre se lasciavo qualcosa nel piatto, mi diceva che mi ci voleva qualche carestia per imparare, e che ero fortunato perché non mi era mai mancato nulla. Io non riuscivo a capire allor...