quella foto
è nei limiti stridenti dei vecchi oggetti che nasce la possibilità di creare storie
metti questo: ancora la tecnologia delle foto digitali non è stata inventata, e sei un fotografo che fa fare la doppia esposizione, ma non nel senso che due scatti successivi sono fatti sullo stesso fotogramma, no.
tu fai il fotografo e scatti un rullino, normalmente: fai prima le foto alla tua ragazza, poi a quel passante col berretto strano, poi alle tende di casa, al traffico, al panettiere, al fiume, agli aquiloni e poi ancora e ancora, finché finisci la pellicola; la riavvolgi, la ricarichi e ci riscatti sopra.
Ora è diverso, ora la tua mano è più pesante quando schiaccia il bottone dell'otturatore, non ricordi esattamente quale foto c'é in quel punto, ma sai che il secondo scatto andrà oltre quello che vedi, e vorresti che ognuna delle inquadrature che stai prendendo sia almeno interessante, e magari una, una sola, sia fenomenale.
Sai che non è più questione solo di corretta esposizione, profondità di campo, composizione, è il caso il tuo parametro da tenere sotto controllo.
La tua macchina fotografica è vecchia, ma questa cosa qui se la tiene stretta con i denti, piccoli e arrotondati del trascinamento della pellicola, non la molla.
Quando vai a sviluppare la pellicola, e fai qualche prova di stampa, ti trovi davanti ad una raccolta di spettri, che vagano pallidi senza curarsi troppo della materia che li circonda: passano indenni tra le lamiere delle macchine ferme nel traffico delle sette e mezza, con la complicità dei passeggeri, che fanno finta di non vederli se gli si parano giusto davanti, anche se, dentro di loro, sperano che non sporchino i sedili con le scarpe, o macchino il vestito nuovo, che oggi c'è una riunione coi capi. Nelle tue foto, finalmente gli animali non vengono più uccisi o feriti, ma passano sani e salvi anche i muri delle case più spessi e le autostrade più affollate.
Sorridi a tanta bontà che sei riuscito a regalare al mondo, e poi ti trovi a guardare quella foto.
{2008.05.25}
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