villa Bena.

Villa Bena
è un posto strano, crocevia misterioso non troppo distante dal traffico e dalla confusione, eppure immerso in una paciosa tranquillità.
Villa Bena, detta spiccia, dev'essere l'anello di congiunzione tra il paradiso e l'inferno, che di sicuro ci ha soggiornato Dante qui un po' di tempo fa, è l'unica spiegazione che mi do ogni giorno, quando per le scale sento passare l'ansimo afasico di un cerbero con tante gambe che mi sembra il lupo dell'eni.

Cioè, mai visto dal vero, solo sentito, che quando passa lui per le scale, con il suo ribollire d'interiora che esce dalle fauci mi si gela il sangue e mi nascondo dietro la porta della mia camera, senza il coraggio di uscire finché si fa sentire, anche solo in lontananza - metti che gli giri male, t'azzanna per la collottola e ti porta all'inferno, o peggio ancora in paradiso. Che poi io sono proprio sicuro che qui sia l'anello di congiunzione tra gli inferi e il paradiso, che giù in cortile si sentono sempre urla indistinte e rumori di seghe che taglian le ossa, e carne che va e carne che viene; solo alla domenica tutto tace, ma solo d'inverno, che quando inizia ad arrivare il caldo a lambire anche i piani più alti, anche nel giorno del riposo escon fuori da lì blatte giganti con la faccia di papi e papesse che friniscono ai malcapitati che incontrano frasi come -Hai peccato! Brucerai!- o -Pentiti!-, o ancora -Preferivamo la deblattizzazione alla calendula!-. Poi anche il paradiso. C'è da dire che villa Bena ha quattro piani, io sono solo al secondo e non sono mai riuscito a spingermi oltre al terzo, e quel giorno mica ci volevo andare, ero sovrappensiero e quando ho alzato la testa, credendo di essere al mio piano, mi sono accorto che qualcosa non tornava, la luce strana e le targhette sui campanelli diverse, poi ho sentito il verso del cerbero che iniziava la sua discesa per le scale e sono scappato giù e ho fatto a tempo a trovare il piano giusto, ad infilare la chiave nella toppa della porta, girare, aprire, entrare e richiudermela alle spalle prima che la creatura apparisse sul pianerottolo che sta tra il terzo piano ed il mio.

Però, al quarto piano, e questo succede quando torno a casa dal lavoro e c'è ancora luce, affacciata al balcone c'è sempre una signora anziana, di un'età indefinibile, o meglio, dei giorni mi appare come una donna in aria da matrimonio, col sorriso fulgido, che son quattro piani tra me e lei, io sono pure miope ma lo si distingue benissimo, altre volte sembra che tutte le pagine di tutti i calendari, da quando il calendario l'hanno inventato, le si siano strisciate addosso consumandola, e ci metto pure le ruote di pietra di quello maya, però lei, comunque, è sempre lì e mi sorride, e mi fa cenno con la mano per salutarmi e per chiedermi se voglio che mi apra il portone, e io la saluto e ringrazio, e le dico che non si deve disturbare, che ho le chiavi in mano, che poi, ma questo non glielo dico mai, non succeda che mentre lei va dentro per schiacciare il bottone dell'apriporta passa Dante e non la vede, che lei è Beatrice, giuro, sì! E' proprio Beatrice! Che Dante passa e dice – Nun' s'era detto che s'andava a riveder le stelle?- e s'infila nel mercato di corso Brunelleschi e poi si perde, e quando cazzo lo riprendi lì e così succede che Beatrice s'addolora e perde il suo sorriso, e poi, sicuro, finisce il paradiso e arriva il cerbero e se la porta via e sicuro ancora di più che villa Bena crolla, crolla a strati che gli strati in mezzo sembra di stare al Colosseo, che si vedono i gironi come fosse l'inferno, con tutte le anime degli idraulici, i muratori ed i piastrellisti, ma soprattutto gli elettricisti che si lagnano delle proprie malefatte, e poi crolla tutto ancora, fino a lasciare solo un silenzio che anche i mercatari di corso Brunelleschi ci mettono cinque minuti per ricominciare ad urlare contro gli avventori, che anche il pesce e i polli e i conigli spellati dei banconi si fanno il segno della croce per l'occasione e i venditori extracomunitari un gesto declinato ognuno al proprio credo, e anche il tipo in pensione del palazzo di fianco, che alle sette di sera urla dentro il karaoke, si mette ad intonare un requiem con l'harmonizer per la voce. Tragedia.

Per questo le dico sempre che le chiavi le ho e la saluto con le mani, metti caso ci senta poco, apro la serratura del portone e mi fiondo in casa, che non stia passando di lì il cerbero.


Manca il purgatorio? C'è, sta tutto in bagno.

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