Mi saluta, lo vedo distintamente.
E' mio nonno quello che adesso sta muovendo la mano per me dalla banchina, mentre il tram è fermo al semaforo e io ci sono seduto dentro. Lo so cosa vorrebbe dirmi se il suo sguardo potesse parlare, che ho fatto bene a lasciare tutto per venire qui, che ero sprecato per rimanere, che anche se ho lasciato i mie, gli amici e gli affetti per seguire un sogno, che tutto questo, preso e sommato, non vale quello che ho imparato adesso. Lui è sempre stato uno testardo, di quelli che hanno vissuto le guerre e hanno preso la fame, prima appena nato e poi con la seconda guerra; ha tirato su una famiglia con mia nonna, fatto studiare fino alle medie mio padre e mia zia, e, giusto per non perdere l'allenamento, ha cresciuto anche me, tenendomi a bada quando i miei andavano al lavoro. Da piccolo, mi sgridava sempre se lasciavo qualcosa nel piatto, mi diceva che mi ci voleva qualche carestia per imparare, e che ero fortunato perché non mi era mai mancato nulla. Io non riuscivo a capire allor...